Parola di viaggiatore.

Parola di viaggiatore.
No, non il piccione. (In un anno sono diventata più simpatica, eh?!)
Parola di una ragazzina che ama i viaggi, quelli in giro per il mondo e anche quelli tra i suoi pensieri.

Dopo ogni viaggio c’è sempre un ritorno da raccontare. Avrei voluto raccontarvelo il mio rientro a casa. Le nuove abitudini che prendono il posto di quelle vecchie, i nuovi punti di vista in lotta con quelli che mi hanno sempre accompagnata, le idee e i pensieri che si fondono con quelli che mi passavano per la testa fino ad un anno fa…
Il mio spirito da viaggiatore, però, mi ha trasportata nel mondo dell’animazione e, a distanza di due giorni dal ritorno in Italia, io ero alle prese con il mondo del lavoro (altra parentesi di cui vi racconterò presto).
Avrei voluto raccontarvi del profumo della torta che mi prepara sempre la mia vicina, del sapore del gelato del mio bar preferito, delle luci della mia cittadina, del calore di un abbraccio di mia madre, del sorriso dei miei parenti, del rumore della mia bici sulla nuova pista ciclabile di cui tutti mi hanno parlato e che io non ho nemmeno visto e avrei voluto parlarvi di tanti altri dettagli che fanno la differenza.
Sento e leggo i racconti degli altri, di quelli che si lamentano di quanto sia noiosa l’Italia, di quelli che non vedono l’ora di tornare nel proprio Paese ospitante o, al contrario, di quelli che hanno capito quanto sia buono il sapore di casa.
Avrei voluto raccontarvi del mio rientro, sì, ma io non l’ho ancora nemmeno vissuto. Tornerò a casa e vi dirò. Chissà. Chissà se sarà tutto uguale a prima e non ci sarà nulla da dire. O chissà se sarà tutto così diverso che non riuscirò nemmeno a spiegarlo.
Chissà che effetto mi farà mangiare una pizza – una vera pizza, non la pizza Hawaii con l’ananas sopra – con le amiche il sabato sera o fare i miei soliti giri in centro, che mi sono tanto mancati.
Chissà come sarà il ritorno a scuola, le vecchie regole che ora mi sembrano assurde, abituata ormai alle regole olandesi che mi sembravano altrettanto assurde, ma che poi sono diventate parte della mia quotidianità.
Chissà chi ci sarà ad aspettarmi a braccia aperte, chissà chi non mi saluterà neanche più, chissà chi invece avrà sempre un abbraccio da regalarmi o chi ascolterà le mie storie e gioirà con me per ogni singola cosa successa, anche le più brutte – quelle per le quali ora sorrido.
Chissà. C’è un chissà per ogni singola cosa. Dal momento in cui apro gli occhi la mattina fino al momento in cui mi addormento. Anzi, c’è un chissà anche per i sogni. Chissà se mi ricapiterà qualche sogno in olandese o se mi toccherà sperarci come quando non vedevo l’ora che mi accadesse per la prima volta di sognare in quella lingua strana e quasi incomprensibile.

Insomma, chissà.
Chi lo sa? Di certo non io.
Però una cosa la so. So che sono pronta a tornare alla vita di sempre, pronta a tornare nella mia Itaca.

“[…] Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.”

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